Colf e badanti
Protetto: Caf 33
Informazioni sulla lezione

Chi sono i lavoratori domestici?
Sono coloro che prestano un’attività lavorativa continuativa per le necessità della vita
familiare del datore di lavoro come ad esempio colf, assistenti familiari o baby sitter,
governanti, camerieri, cuochi etc.
Rientrano in questa categoria anche i lavoratori che prestano tali attività presso comunità
religiose (conventi, seminari), presso caserme e comandi militari, nonché presso le comunità
senza fini di lucro, come orfanotrofi e ricoveri per anziani, il cui fine è prevalentemente
assistenziale.
Adempimenti per Colf e badanti
Sarà importante innanzitutto distinguere la nazionalità e l’età dei lavoratori.
PER I LAVORATORI ITALIANI O DI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA
Cosa deve fare il datore di lavoro
Nel caso il lavoratore domestico sia di nazionalità italiana o di paesi della Unione Europea
(Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito,
Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria), il datore di lavoro
può assumere direttamente il lavoratore domestico, dopo aver concordato gli elementi del
rapporto di lavoro (orario, retribuzione, ferie ecc.).
Sono equiparati ai cittadini dell’UE i cittadini Svizzeri e i cittadini degli stati appartenenti allo
Spazio Economico Europeo – SEE (Norvegia, Islanda, Liechtenstein)
Cosa deve fare il lavoratore
Il lavoratore può essere assunto anche se non iscritto nelle liste del collocamento. E’ però
necessario che sia in possesso del codice fiscale, di un documento di identità e della tessera
sanitaria aggiornata e rilasciata dall’ASL.
Dato che è ammessa l’assunzione di minori con età minima di 16 anni, se il lavoratore
domestico è minorenne, il lavoratore deve presentare oltre ai documenti già indicati:
il certificato di idoneità al lavoro, rilasciato dall’Ufficiale sanitario dell’ASL di zona dopo visita
medica a cura e carico del datore di lavoro;
la dichiarazione dei genitori o di chi esercita la potestà familiare, vidimata dal Sindaco del
Comune di residenza, con cui si acconsente che il lavoratore minorenne viva presso la famiglia
del datore di lavoro o, in alternativa, per i minori ad ore, l’autorizzazione scritta di chi esercita
la patria potestà.
PER I LAVORATORI EXTRACOMUNITARI
Le procedure sono diverse se il lavoratore risiede già in Italia o se invece risiede all’estero.
SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO GIÀ RISIEDE IN ITALIA
Cosa deve fare il datore di lavoro
Dal 15 novembre 2011 tutti i datori di lavoro domestico che intendono assumere lavoratori
extracomunitari già residenti in Italia non dovranno più compilare il “modello Q” per
stipulare il contratto di soggiorno. Infatti, le obbligazioni contenute nel modello Q sono state
recepite nell’ultima versione (legge 2/2009) delle Comunicazioni obbligatorie di assunzione,
variazione e cessazione che i datori di lavoro domestico devono trasmettere all’Inps
utilizzando le procedure online dell’Istituto (circolare del Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali n.4773 del 28 novembre).
Cosa deve fare il lavoratore
Essere in possesso di un permesso di soggiorno valido per lo svolgimento di un’attività
lavorativa;
Al momento del rinnovo del permesso di soggiorno, lo straniero dovrà esibire in Questura la
copia del modulo UniLav.
SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO NON È ANCORA ENTRATO IN ITALIA
Cosa deve fare il datore di lavoro
Ogni anno in Italia viene programmato attraverso il cosiddetto “Decreto Flussi” il numero
massimo di lavoratori extracomunitari ai quali sarà concesso il permesso di soggiorno per
motivi di lavoro.
Il Decreto entra in vigore quando viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Pertanto, il datore di lavoro che vuole instaurare un rapporto di lavoro domestico con un
cittadino extracomunitario residente all’estero, deve attendere la pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale del decreto flussi dell’anno in corso e, a partire dalle scadenze indicate, presentare la
domanda di nulla osta al lavoro.
Come presentare la domanda di nulla osta:
La domanda può essere compilata e inviata esclusivamente via Internet.
Il Ministero dell’Interno, infatti, ha messo a punto una procedura di invio delle domande che
elimina l’obbligo della spedizione postale e richiede, da parte del datore di lavoro, la
disponibilità di un computer e di un collegamento internet. Di seguito si elencano i passaggi
della procedura telematica.
a) L’utente deve collegarsi al sito www.interno.it e registrarsi all’interno di una ‘sezione
dedicata’, inserendo nome, cognome, data di nascita, un indirizzo di posta elettronica e una
password di accesso;
b) Riceve una e-mail di conferma e di perfezionamento della registrazione all’indirizzo di
posta elettronica da lui indicato;
c) L’utente deve scegliere, da un apposito elenco, la tipologia di domanda che vuole presentare
ed inserire i dati anagrafici propri, del lavoratore e il luogo d’impiego. La procedura genera un
modulo che l’utente deve salvare sul proprio computer, per poi compilarlo senza dover
rimanere connesso ad internet.
N.B. E’ possibile richiedere anche ulteriori moduli per altre domande, fino ad un massimo di
cinque.
d) Per compilare il modulo così salvato, occorre scaricare un apposito programma seguendo
le istruzioni contenute nel sito.
e) Terminata la compilazione di tutti i campi richiesti, la domanda è pronta per l’invio.
Procedura per il rilascio del nulla osta al lavoro
La domanda, inviata allo Sportello unico, viene contestualmente resa disponibile anche alla
Direzione Provinciale del Lavoro, alla Questura e al centro per l’impiego competenti. Lo
Sportello Unico convoca il datore di lavoro per la consegna del nullaosta – che ha una validità
di 6 mesi – e la sottoscrizione del contratto di soggiorno, predisposto dallo stesso Sportello. In
questa occasione, inoltre, il datore di lavoro deve esibire la documentazione relativa al reddito
e la ricevuta dell’avvenuta richiesta del certificato di idoneità alloggiativa (rilasciato dal
Comune o dalla ASL competenti per territorio). Lo Sportello Unico trasmette per via
telematica il nulla osta e la proposta di contratto di soggiorno alla competente
rappresentanza diplomatico-consolare italiana all’estero, la quale rilascia allo straniero il
visto d’ingresso, da lui precedentemente richiesto.
Delega per il ritiro del nulla osta
Se il datore di lavoro, per motivi di salute, non può recarsi allo Sportello Unico per ritirare il
nulla osta al lavoro e firmare il contratto di soggiorno, può delegare il coniuge, i figli o altro
parente in linea diretta o collaterale fino al 3° grado.
Il delegato deve esibire un proprio documento di riconoscimento e presentare al funzionario
dello Sportello Unico una dichiarazione contenente l’esatta indicazione del motivo dell’
impedimento.
Altri obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro dovrà in ogni caso garantire quanto stabilito dal “Decreto Flussi” in vigore
al momento della richiesta in merito all’ orario di lavoro settimanale ed al reddito annuo . Il
datore di lavoro che assume un lavoratore straniero in qualità di assistente familiare, perché
affetto lui stesso da patologie o gravi handicap che ne limitano l’autosufficienza, non ha
l’obbligo dell’autocertificazione relativa alla sua capacità economica.
Inoltre, come previsto nel contratto di soggiorno, il datore di lavoro dovrà
– impegnarsi al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel paese di
provenienza;
– impegnarsi a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro;
– assicurare la disponibilità di un alloggio adeguato e, al momento della convocazione presso
lo Sportello Unico per la consegna del nulla osta, esibire la ricevuta dell’avvenuta richiesta del
certificato di idoneità alloggiativa rilasciato dal Comune o dall’ASL di competenza (il
certificato va richiesto anche nel caso in cui il lavoratore alloggerà presso l’assistito per
svolgere le mansioni di assistente alla persona).
Cosa deve fare il lavoratore
Una volta concesso il nulla osta, lo Sportello Unico per l’immigrazione lo trasmette per via
telematica insieme alla proposta di contratto di soggiorno alla competente rappresentanza
diplomatico-consolare italiana all’estero, che rilascerà al lavoratore il visto d’ingresso da lui
precedentemente richiesto.
Il cittadino extracomunitario, ottenuto il visto d’ingresso presso la rappresentanza
diplomatica o consolare italiana all’estero, deve:
recarsi entro 8 giorni dall’ingresso in Italia, presso lo Sportello Unico per firmare sia il
contratto sia la richiesta di permesso di soggiorno, da spedire alla prefettura con
raccomandata A/R postale.
La Questura, infine, convocherà il cittadino extracomunitario per la consegna del permesso di
soggiorno.
Lo Sportello Unico consegnerà al lavoratore, oltre al contratto di soggiorno, una copia della
Carta dei Valori ed una guida alle leggi sull’immigrazione predisposta dal Ministero
dell’Interno (“In Italia in regola”), tradotta nella lingua meglio conosciuta dal cittadino
straniero.
SE IL LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO GIÀ ASSUNTO DEVE RINNOVARE IL PERMESSO DI
SOGGIORNO
Il contratto di soggiorno per lavoro, stipulato con il datore di lavoro mediante il modulo Q, è
un obbligo sia per instaurare un nuovo rapporto di lavoro sia per il rinnovo del permesso di
soggiorno.
Pertanto, il lavoratore già residente in Italia, che abbia concluso un rapporto di lavoro e il cui
permesso di soggiorno sia prossimo alla scadenza, accettando un’altra offerta di lavoro può
ottenere il rinnovo del permesso presentando il contratto di soggiorno stipulato con il nuovo
datore.
FORMALIZZARE L’ASSUNZIONE
A partire dal 29 gennaio 2009 la comunicazione di assunzione deve essere presentata all’Inps
entro le ore 24 del giorno precedente (anche se festivo) a quello di instaurazione del rapporto
di lavoro. La comunicazione ha efficacia anche nei confronti dei Servizi competenti, del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’Istituto nazionale per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail), nonché della Prefettura-Ufficio
Territoriale del Governo.
La comunicazione all’Inps è obbligatoria:
anche per il periodo di prova;
qualunque sia la durata del lavoro;
anche se il lavoro è saltuario o discontinuo;
anche se già assicurati presso un altro datore di lavoro;
anche se già assicurati per un’altra attività;
anche se di nazionalità straniera;
anche se titolari di pensione.
L’obbligo di comunicazione esiste anche in fase di proroga, trasformazione (da tempo
determinato a tempo indeterminato oppure in caso di svolgimento dell’attività in una
abitazione del datore di lavoro diversa da quella comunicata precedentemente) e cessazione
del rapporto di lavoro. In questi casi la comunicazione dovrà essere effettuata entro cinque
giorni dall’evento.
Devono inoltre essere comunicate variazioni di elementi del rapporto di lavoro – come
retribuzione, orario, settimane lavorate, ecc..- utilizzati per il calcolo dei contributi. Le
variazioni riguardanti orario e retribuzione sono soggette ad un limite massimo complessivo
di due comunicazioni al trimestre, mentre non vi sono limiti per tutte le altre comunicazioni
che non hanno effetto sul calcolo dei contributi da versare.
Si precisa infine che l’annullamento di una denuncia di assunzione è consentito entro 5 giorni
dalla data indicata quale inizio del rapporto di lavoro; superato detto termine, dovrà essere
comunicata la cessazione.
Da aprile 2011 per l’iscrizione e le eventuali variazioni il datore di lavoro domestico, previa
identificazione tramite PIN, può, in modo semplificato:
avvalersi del Contact Center, al numero 803.164 gratuito da rete fissa, o al numero 06164164
da rete mobile a pagamento secondo la tariffa prevista dal proprio gestore telefonico;
utilizzare l’apposita procedura Internet di compilazione e invio on-line disponibile sul sito
internet dell’Istituto (www.inps.it);
In base alle norme vigenti la procedura informatica non accetta comunicazioni di rapporto di
lavoro tra coniugi, salvo il caso di invalidità riconosciuta con indennità di accompagnamento
al coniuge datore di lavoro. La prova del rapporto di lavoro è invece prevista nel caso di
parenti o affini entro il 3 grado.
Le Sedi quindi potranno effettuare i controlli previsti di quanto dichiarato dal datore di lavoro
sotto la propria responsabilità.
Non è necessario procedere alla comunicazione di assunzione secondo le modalità fin qui
indicate nel caso in cui il datore di lavoro domestico intenda fare ricorso a prestazioni di
lavoro di tipo accessorio di natura occasionale (tipologia contrattuale introdotta con la
riforma Biagi e utilizzabile anche per il lavoro domestico). Il rapporto di lavoro accessorio è
regolato mediante la consegna dei c.d. voucher che contengono la retribuzione e la
contribuzione verso Inps ed Inail.
SANZIONI
Se non si comunica l’assunzione all’Inps
Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare all’Inps l’assunzione e anche l’eventuale
trasformazione o cessazione del rapporto di lavoro. Se il datore di lavoro omette o ritarda la
comunicazione obbligatoria all’Inps, deve pagare una sanzione amministrativa alla Direzione
Provinciale del Lavoro che va da 100 a 500 euro per ogni lavoratore di cui non si è comunicata
l’assunzione.
In caso di mancata iscrizione del lavoratore domestico all’INPS, la Direzione Provinciale del
Lavoro può applicare al datore di lavoro una sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 euro per
ciascun lavoratore “in nero”, maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo,
cumulabile con le altre sanzioni amministrative e civili previste contro il lavoro nero.
Dal 24 novembre 2010, per effetto dell’introduzione dell’art. 4 della L. 183/2010 (che ha
superato l’applicazione dell’art. 36 bis comma 7 DL n. 223/2006 conv. con L. 248/2006:
maxisanzione)
l’Inps non applica più maggiorazioni in caso di “lavoro nero” che interessa lavoratori
domestici.
Se si comunica l’assunzione in ritardo
Se la comunicazione avviene entro un anno – fatte salve le sanzioni comminate dalla Direzione
Provinciale del Lavoro – l’Inps applica le sanzioni civili come stabilito dalla legge 388/2000 ai
trimestri pagati in ritardo. In caso di iscrizione con ritardo superiore ad un anno, ai trimestri
oltre l’anno vengono applicate le sanzioni così come previste dalla legge 388/2000 art 116
comma b).
Se si pagano i contributi in ritardo
Il versamento tardivo dei contributi, in presenza di iscrizione regolare, comporta
l’applicazione delle sanzioni civili così come stabilito dalla legge 388/2000. Il tasso è quello
vigente al momento del pagamento.
CONTRIBUTI
In seguito all’iscrizione, l’Inps provvede ad aprire una posizione assicurativa in favore del
lavoratore domestico ed invia al datore di lavoro i bollettini Mav per il versamento dei
contributi dovuti.
Il contributo è legato alla paga effettiva oraria.
Gli elementi che compongono la paga oraria sono:
– la retribuzione oraria concordata tra le parti;
– il valore convenzionale del vitto e alloggio, ripartito in misura oraria.
– la tredicesima mensilità (gratifica natalizia) ripartita in misura oraria;
Il datore di lavoro che versa regolarmente all’Inps i contributi per colf o assistenti familiari
può usufruire di agevolazioni fiscali relative ai contributi versati.
Colf:
Il datore di lavoro può dedurre dal proprio reddito, per un importo massimo di 1.549,37 euro
l’anno, i contributi previdenziali obbligatori versati per la colf.
A tal fine è tenuto a conservare le ricevute dei bollettini Inps.
L’importo massimo deducibile è fisso e non varia in base ai redditi dichiarati.
Assistente familiare:
Il datore di lavoro può detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese sostenute per gli addetti
all’assistenza di persone non autosufficienti, per un importo massimo di 2.100 euro l’anno. La
detrazione spetta al soggetto non autosufficiente o ai familiari che sostengono la spesa.
Per poter usufruire di questa agevolazione sono necessari:
– il certificato medico, rilasciato da un medico specialista o generico, che attesti la condizione
di non autosufficienza, da esibire a richiesta dell’amministrazione finanziaria;
– le ricevute delle retribuzioni erogate, firmate dall’ assistente familiare.
Si può usufruire di tale detrazione se il reddito complessivo non supera 40.000 euro.
La deduzione fiscale per la colf si può sommare alla detrazione prevista per
l’assistente familiare, e viceversa.
CALCOLO DEI CONTRIBUTI
Per calcolare i contributi in relazione alla retribuzione pattuita, l’INPS mette a disposizione di
datori di lavoro e lavoratori un software di simulazione del calcolo. Basta inserire i dati
richiesti nei campi per ottenere, al termine dell’inserimento dati, il calcolo dei contributi che il
datore di lavoro dovrà versare mensilmente.
TREDICESIMA
La tredicesima mensilità corrisponde ad un dodicesimo dell’intera retribuzione annua, che i
datori di lavoro devono pagare ai loro collaboratori familiari entro il mese di dicembre, in
occasione delle festività natalizie. La tredicesima matura anche durante le assenze per
malattia, infortunio sul lavoro e maternità, nei limiti del periodo di conservazione del posto e
per la parte non liquidata dagli enti preposti.
Se il lavoratore domestico presta servizio per più famiglie ogni datore di lavoro è tenuto ad
effettuare il calcolo della quota di tredicesima sulla base della retribuzione oraria corrisposta.
FERIE
Indipendentemente dalla durata dell’orario di lavoro, per ogni anno di servizio presso lo
stesso datore di lavoro, il lavoratore domestico ha diritto ad un periodo di ferie di 26 giorni
(escluse le domeniche e le festività infrasettimanali), da fruire preferibilmente, tenendo conto
delle esigenze del datore di lavoro, nel periodo giugno-settembre. Durante il periodo di ferie
al lavoratore spetta, per ogni giornata, un ventiseiesimo della retribuzione mensile,
comprensiva della eventuale indennità sostitutiva per il vitto e per l’alloggio. In caso di
retribuzione oraria occorre prendere a riferimento il numero di ore effettuate di media in un
mese e dividerle per 26, ottenendo così il numero di ore equivalente ad un giorno di ferie.
QUANDO SI PAGANO I CONTRIBUTI
I contributi si pagano per trimestri solari entro i seguenti termini:
dal 1° al 10 aprile, per il primo trimestre;
dal 1° al 10 luglio, per il secondo trimestre;
dal 1° al 10 ottobre, per il terzo trimestre;
dal 1° al 10 gennaio, per il quarto trimestre.
Il pagamento dei contributi deve essere fatto a trimestre ultimato e non oltre il termine
indicato sopra. Se l’ultimo giorno utile per il versamento coincide con la domenica o con una
festività, è prorogato al giorno successivo non festivo. Il versamento mancato, tardivo o
parziale comporta per legge l’applicazione di sanzioni pecuniarie da parte dell’Inps.
COME PAGARE
I contributi possono essere versati esclusivamente con le seguenti modalità:
– Utilizzando il bollettino MAV (pagamento mediante avviso), l’Inps provvede all’invio a tutti i
datori di lavoro domestico dei bollettini MAV per il pagamento dei contributi relativi ai
trimestri in scadenza. L’Istituto provvede ad inviare al datore di lavoro domestico due
tipologie di comunicazioni cartacee che allegano tali bollettini:
– la comunicazione di accoglimento della richiesta di iscrizione del rapporto di lavoro che
costituisce la conferma dell’avvenuta attivazione dello stesso e che viene inviata all’indirizzo
di residenza del datore di lavoro;
– la comunicazione di rinnovo che viene inviata a tutti i datori con rapporti di lavoro attivi che
non abbiano disabilitato tale servizio utilizzando l’apposita funzione di cui al messaggio
n.10289/2013. Tale comunicazione, che ha tradizionalmente lo scopo di ricordare le scadenze
di pagamento quantificando i contributi da versare, viene inviata all’indirizzo indicato per il
recapito.
A partire dal 2014 la comunicazione di accoglimento del rapporto di lavoro contiene in
allegato i bollettini Mav in numero variabile fra uno e quattro, a seconda del trimestre di inizio
del rapporto di lavoro, a copertura del primo anno solare di contribuzione. Inoltre, sempre a
partire da quest’anno, la comunicazione di rinnovo verrà inviata una volta l’anno assieme ai
bollettini Mav in numero variabile fra uno e quattro, anche in relazione alla durata definita per
il rapporto di lavoro, a copertura della contribuzione dovuta per l’anno in corso.
I MAV sono già compilati con gli importi dovuti. Nel caso siano cambiati gli elementi per il
calcolo dei contributi (ad esempio, una variazione dell’orario di lavoro), dal sito www.inps.it,
sezione Servizi online, è possibile effettuare le variazioni e ottenere un altro bollettino MAV
con gli importi conformi.
Rivolgendosi ai soggetti aderenti al circuito “Reti Amiche”, dichiarando soltanto il codice
fiscale del datore di lavoro e il codice rapporto di lavoro. La procedura calcolerà
automaticamente l’importo dei contributi in base ai dati comunicati al momento
dell’assunzione o successivamente. Il pagamento è disponibile presso:
– sportelli postali
– tabaccherie che espongono il logo Servizi Inps
– sportelli bancari Unicredit Spa
– tramite il sito Internet del gruppo Unicredit Spa per i clienti titolari del servizio di Banca
online
– Online sul sito Internet www.inps.it nella sezione Servizi Online – Portale dei Pagamenti –
Lavoratori domestici – Entra nel servizio, utilizzando la carta di credito
– Telefonando al Contact Center al numero 803164 gratuito da rete fissa o al numero
06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico,
utilizzando la carta di credito
Qualunque sia la modalità scelta, utilizzando il codice fiscale del datore di lavoro e il codice
rapporto di lavoro, è proposto l’importo complessivo per il trimestre in scadenza, calcolato in
base ai dati comunicati all’assunzione o successivamente variati con l’apposita
comunicazione. Prima di confermare l’importo, si può chiedere all’operatore del circuito “Reti
Amiche” o del Contact Center, oppure alla procedura – nel caso di utilizzo delle altre modalità –
la modifica di elementi che determinano il calcolo e automaticamente verrà rideterminato il
nuovo importo complessivo da versare.
Questi sistemi di pagamento consentono in tempi brevi di verificare l’esecuzione dei
versamenti e di accreditare i contributi sulla posizione del lavoratore.
Per ciascuna modalità è prevista la possibilità di avere la doppia copia della ricevuta in modo
da poterne consegnare una al lavoratore. Nel caso di pagamento tramite MAV, che non
consente la doppia quietanza, è prevista un’ attestazione situata nella parte superiore del
bollettino che il datore di lavoro dovrà completare con l’inserimento della data e della propria
firma. Se si effettua il pagamento al Contact Center, la ricevuta sarà inviata direttamente dalla
banca affidataria, all’indirizzo e-mail del datore di lavoro del servizio, il quale
successivamente riceverà, all’indirizzo di residenza una doppia copia della ricevuta analitica.
COME SI CALCOLA L’IMPORTO DEI CONTRIBUTI DA VERSARE
– L’importo dei contributi dovuti per ciascun trimestre si ottiene moltiplicando il contributo
orario per il numero delle ore retribuite nel trimestre al quale si riferisce il versamento.
Per determinare il contributo orario si individua, in base alle tabelle, la fascia in cui è
compresa la retribuzione oraria effettiva ed il contributo orario corrispondente a tale fascia.
– Ore retribuite nel trimestre: si moltiplicano le ore retribuite ogni settimana per le settimane
del trimestre in pagamento.
Se dalla somma delle ore e delle frazioni di ora si ottiene un numero non intero, il numero
stesso deve essere arrotondato all’unità superiore.
– Retribuzione oraria effettiva: si ottiene sommando alla retribuzione mensile o oraria un
dodicesimo per il rateo di tredicesima. Si ricorda che la retribuzione da indicare al momento
dell’assunzione è costituita dalla somma del valore erogato in denaro e del valore
convenzionale del vitto e alloggio, quando dovuto.
– Cessazione del Rapporto di Lavoro: in caso di cessazione del rapporto di lavoro devono
essere versati anche i contributi relativi a ferie maturate ma non fruite ed al preavviso. Il
versamento dei contributi deve essere effettuato entro i 10 giorni successivi alla data di
cessazione, tenendo comunque conto delle settimane che devono essere retribuite e
contribuite, anche se non corrispondono all’attività lavorativa.
Il versamento eseguito in ritardo comporta l’applicazione di sanzioni da parte dell’INPS.
Il contributo di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato previsto al comma
31, art. 2, legge 28 giugno 2012, n. 92, come modificato dal comma 250, art. 1, legge 24
dicembre 2012, n. 228, non si applica al rapporto di lavoro domestico.
– Contestualmente ai contributi previdenziali il datore di lavoro può versare i contributi di
assistenza contrattuale o di finanziamento al fondo bilaterale, istituito dai firmatari di CCNL.
Occorre indicare il codice di riferimento e l’importo dovuto all’organizzazione, a cui rivolgersi
per qualsiasi problema relativo al pagamento.
I DIRITTI DEL LAVORATORE IN REGOLA
Prestazioni a carico INPS
– Assegno per il nucleo familiare
– Indennità di disoccupazione
– Indennità di maternità
– Indennità antitubercolosi
– Cure termali
– Assegno di invalidità
– Pensione di inabilità
– Pensione di anzianità
– Pensione di vecchiaia
– Pensione ai superstiti o di reversibilità
Prestazioni e tutele per i lavoratori domestici stranieri
L’assegno per il nucleo familiare
I lavoratori comunitari hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare per sé e per i propri
familiari residenti nel paese d’origine o in un paese convenzionato.
I lavoratori extracomunitari (ad eccezione di quelli con contratto di lavoro stagionale) hanno
diritto all’assegno per il nucleo familiare:
– solo per i familiari residenti in Italia, nel caso in cui il Paese di provenienza del lavoratore
straniero non abbia stipulato con l’Italia una Convenzione in materia di trattamenti di
famiglia.
– anche per i familiari residenti all’estero, nel caso in cui il Paese di provenienza del lavoratore
straniero abbia stipulato con l’Italia una Convenzione in materia di trattamenti di famiglia.
I Paesi che hanno stipulato con l’Italia una Convenzione in materia di trattamenti di famiglia
sono: Argentina, Australia, Capoverde, Croazia, ex-Jugoslavia, Monaco, San Marino, Svizzera,
Tunisia e Uruguay.
– anche per i familiari residenti all’estero, nel caso in cui il lavoratore straniero – pur non
essendo il suo Paese convenzionato con l’Italia – abbia la residenza legale in Italia e sia stato
assicurato nei regimi previdenziali di almeno due Stati membri.
I lavoratori stranieri rifugiati politici hanno diritto all’assegno per i familiari residenti
all’estero, anche in mancanza di una Convenzione internazionale con il Paese di provenienza.
PENSIONE
I cittadini comunitari che lavorano in Italia e versano regolamente i contributi all’Inps, hanno
diritto alle prestazioni pensionistiche (pensione di vecchiaia, di anzianità, di inabilità e
pensione ai superstiti) con gli stessi requisiti di età e di contribuzione previsti per i cittadini
italiani.
Nel caso in cui il lavoratore torni nel proprio Paese o si trasferisca in un altro Paese europeo,
prima di aver maturato i requisiti necessari, tali requisiti possono essere raggiunti anche
continuando a lavorare e versare contributi nella gestione previdenziale del Paese europeo in
cui si sarà trasferito. Grazie al sistema della “totalizzazione”, tutti i contributi versati in Italia o
in altri Paesi europei, saranno sommati allo scopo di erogare un’unica pensione. L’importo
della pensione viene determinato dalla gestione previdenziale di ogni Paese in proporzione ai
contributi versati, secondo il cosiddetto “sistema pro-rata”.
Prestazioni a carico INAIL
– Indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta
– Rendita per inabilità permanente
– Rendita ed assegno una tantum ai superstiti in caso di morte
– Altre prestazioni particolari connesse all’infortunio:
– Fornitura di protesi e presidi ortopedici
– Cure idrofangotermali e climatiche
– Cure mediche e chirurgiche
– Cure ambulatoriali in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale
A carico del Servizio Sanitario Nazionale
Assistenza sanitaria (medica, farmaceutica, ospedaliera, ambulatoriale, specialistica)
DIMISSIONI, LICENZIAMENTO E TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO
Dimissioni/Licenziamento
Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà del lavoratore e del datore di lavoro, a
condizione che si dia regolare preavviso all’altra parte.
In caso di licenziamento, per il rapporto di lavoro con impegno superiore a 24 ore settimanali
il preavviso dovrà essere:
15 giorni di calendario, fino a cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro;
30 giorni di calendario, oltre i cinque anni di anzianità presso lo stesso datore di lavoro.
Per il rapporto di lavoro con impegno fino a 24 ore settimanali il preavviso dovrà essere:
8 giorni di calendario, fino a due anni di anzianità;
15 giorni di calendario, oltre i due anni di anzianità.
Tali termini sono ridotti del 50% nel caso di dimissioni da parte del lavoratore.
In caso di mancato preavviso da parte del datore di lavoro è dovuta al lavoratore un’indennità
pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso spettante.
In caso di dimissioni invece, al lavoratore che non effettua la prestazione nel periodo di
preavviso viene trattenuta dalla liquidazione l’importo che gli sarebbe spettato in tale
periodo.
Nuova procedura di risoluzione consensuale e dimissioni
La Legge 28 giugno 2012, n. 92 (Riforma del mercato del lavoro), in vigore dal 18 luglio 2012,
definisce all’art. 4, comma 17 e seguenti, le procedure da seguire ai fini della convalida della
risoluzione consensuale o delle dimissioni volontarie dei lavoratori dipendenti, ivi compresi i
lavoratori domestici.
Le modalità da seguire sono due, l’una alternativa dell’altra:
Convalida del lavoratore presso la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l’Impiego
territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali
stipulati dalla organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello
nazionale (comma 17)
Sottoscrizione da parte del lavoratore di apposita dichiarazione in calce alla ricevuta della
comunicazione di cessazione inoltrata all’INPS (comma 18).
In mancanza della convalida presso gli enti previsti dalla norma o di sottoscrizione della
ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione, il datore di lavoro, entro 30 giorni
dalla data della cessazione, deve spedire al lavoratore un invito scritto (raccomandata r.r. o a
mano) contenente l’indicazione di presentarsi presso le sedi deputate per convalidare l’atto o,
in alternativa, a sottoscrivere la comunicazione di cessazione trasmessa all’Inps.
Se il datore di lavoro non provvede all’invito nei termini indicati, le dimissioni si considerano
prive di effetto (comma 22).
Il lavoratore, entro 7 giorni dalla ricezione, può:
aderire all’invito e convalidare le dimissioni o la risoluzione consensuale;
non aderire all’invito, ma il rapporto si intende comunque risolto (comma 19);
revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale (comma 21) in forma scritta; in questo
caso il contratto di lavoro torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla
comunicazione di revoca.
Comunicazioni obbligatorie
A partire dal 29 gennaio 2009 tutte le comunicazioni relative alla modifica o alla cessazione
del rapporto di lavoro domestico devono essere presentate all’Inps entro cinque giorni
dall’evento. Da aprile 2011 tali comunicazioni devono essere effettuate dagli utenti in
possesso di PIN esclusivamente utilizzando il nuovo servizio online per la Comunicazione di
Variazione e Cessazione, accessibile dal Menu Servizionline/Servizi al cittadino/Lavoratori
domestici del portale Inps oppure al Contact Center , numero 803164 gratuito da rete fissa o
al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore
telefonico.
La comunicazione di cessazione a causa di decesso del datore di lavoro deve essere effettuata
rivolgendosi al Contact Center . Il soggetto comunicante deve disporre del proprio Pin e deve
fornire all’operatore il codice fiscale del datore e il codice del rapporto di lavoro.
La comunicazione ha efficacia anche nei confronti dei Servizi competenti, del Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (Inail), nonché della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo.
Trattamento di fine rapporto
Quando cessa il rapporto di lavoro, per licenziamento o per dimissioni, il lavoratore
domestico ha sempre diritto alla liquidazione, anche se il lavoro è precario, saltuario e di
poche ore a settimana. Ciò anche nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro durante il
periodo di prova, se superiore ai 15 giorni.
Per calcolare le somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto, bisogna tenere conto
della retribuzione mensile, della tredicesima e, per il lavoratore che consuma due pasti al
giorno e dorme in casa, dell’indennità sostitutiva del vitto e dell’alloggio.
I calcoli variano a seconda del periodo a cui si riferisce il servizio. Occorre distinguere tre
periodi, ai quali corrispondono tre diverse modalità di calcolo del trattamento di fine rapporto
(TFR):
Il primo periodo arriva fino al 31 maggio 1982;
il secondo periodo va dal 1° giugno 1982 al 31 dicembre 1989;
il terzo periodo dal 1° gennaio 1990 in poi.
La liquidazione frazionata
La legge consente che il TFR sia pagato ogni anno, se richiesto dal lavoratore o dal datore di
lavoro con il consenso dell’altro.
In ogni caso, la legge prevede che dopo otto anni di servizio il lavoratore abbia diritto ad un
anticipo pari al 70 % del TFR maturato.
Prendendo in esame un rapporto di lavoro iniziato il 1° gennaio 2006 e cessato il 31 gennaio
2023, con una retribuzione complessiva mensile di 900 € (che, al solo scopo di semplificare
l’esempio, supponiamo non subisca variazioni negli anni), occorre procedere nel seguente
modo:
Calcolo
900 € x 13 mensilità = 11.700 € (retribuzione complessiva annua)
11.700 : 13.5 = 866,67 € (TFR)
Rivalutazione
All’importo così ricavato si applica la rivalutazione nel seguente modo per il 2022, dato che il
rapporto è cessato a gennaio, si considera nel calcolo soltanto una mensilità:
L’importo finale di 18.953,31; € così calcolato, rappresenta il TFR totale spettante al
lavoratore per il periodo di servizio 01/01/2006-31/01/2023.
Anno
TFR anno prec. DA
RIVALUTARE (A)
TFR
ANNO
(B)
Indice di
rivalutazione %
rivalutazione TFR
ANNO PRECEDENTE
(C)
TOTALE TFR
(A+B+C)
2006 € 866,67 0 € 866,67
2007 € 866,67 € 866,67 2,6267610% € 22,77 € 1.756,11
2008 € 1.756,11 € 866,67 3,0957450% € 54,36 € 2.677,14
2009 € 2.677,14 € 866,67 3,5380430% € 94,72 € 3.638,53
2010 € 3.638,53 € 866,67 3,2195770% € 117,15 € 4.622,35
2011 € 4.622,35 € 866,67 3,5043100% € 161,98 € 5.651,00
2012 € 5.651,00 € 866,67 3,2002520% € 180,85 € 6.698,52
2013 € 6.698,52 € 866,67 2,7931030% € 187,10 € 7.752,28
2014 € 7.752,28 € 866,67 2,9527850% € 228,91 € 8.847,86
2015 € 8.847,86 € 866,67 2,7470310% € 243,05 € 9.957,58
2016 € 9.957,58 € 866,67 3,4859810% € 347,12 € 11.171,37
2017 € 11.171,37 € 866,67 3,0364190% € 339,21 € 12.377,25
2018 € 12.377,25 € 866,67 2,2249070% € 275,38 € 13.519,30
2019 € 13.519,30 € 866,67 2,9359350% € 396,92 € 14.782,89
2020 € 14.782,89 € 866,67 3,8800580% € 573,58 € 16.223,15
2021 € 16.223,15 € 866,67 3,3028850% € 535,83 € 17.625,65
2022 € 17.625,65 € 866,67 1,9225350% € 338,86 € 18.831,18
2023 € 18.831,18 € 72,22 0,2650560% € 49,91 € 18.953,31
RIVALUTAZIONI TFR
COSA FARE IN CASO DI MALATTIA, INFORTUNIO O MATERNITÀ?
Malattia
Il lavoratore
Il lavoratore deve avvertire immediatamente il datore di lavoro, salvo cause di forza maggiore
o impedimenti, entro l’orario previsto per l’inizio della prestazione lavorativa;
successivamente, il lavoratore deve far pervenire al datore di lavoro, entro due giorni dal
rilascio, il certificato medico rilasciato entro il giorno successivo all’inizio della malattia.
Il datore di lavoro
Se il lavoratore domestico si assenta dal lavoro per malattia, l’Inps non paga alcuna indennità.
Quando è ammalato, il lavoratore domestico, convivente o non convivente, ha diritto alla
conservazione del posto, per periodi differenti secondo l’anzianità maturata presso la stessa
famiglia:
10 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
45 giorni, se ha più di sei mesi e fino a due anni di servizio;
180 giorni, se l’anzianità di servizio supera i due anni.
Oltre alla conservazione del posto di lavoro, il datore di lavoro deve garantire il pagamento
della metà del salario pattuito per i primi tre giorni e del salario intero per i giorni successivi,
fino a un massimo di:
8 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
10 giorni, per anzianità da sei mesi a due anni;
15 giorni, per anzianità superiori a due anni.
Negli eventuali giorni di ricovero ospedaliero o di degenza presso il datore di lavoro, al
lavoratore non spetta l’indennità di vitto e di alloggio.
Infortunio
Il datore di lavoro
Se il lavoratore resta vittima di un infortunio durante lo svolgimento del lavoro domestico, il
datore di lavoro, dopo aver adempiuto al dovere civico del primo soccorso, deve denunciare
l’incidente all’Istituto Nazionale contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail), secondo le seguenti
modalità:
entro le 24 ore e telegraficamente per gli infortuni mortali;
entro due giorni dalla ricezione del certificato di infortunio, per gli eventi pronosticati non
guaribili in tre giorni;
entro gli stessi termini deve presentare una denuncia all’autorità di Pubblica Sicurezza;
deve corrispondere la retribuzione globale di fatto per i primi tre giorni di assenza;
deve conservare il posto di lavoro per un numero di giorni relativamente all’anzianità di
servizio:
– 10 giorni, per anzianità fino a sei mesi;
– 45 giorni, se ha più di sei mesi e fino a due anni di servizio;
– 180 giorni, se l’anzianità di servizio supera i due anni.
Il lavoratore
Il lavoratore deve controfirmare il modulo di denuncia infortunio che il datore avrà
predisposto per ottenere, a secondo dei casi, le seguenti prestazioni dall’INAIL.
Maternità
Informazioni generali
Quando la lavoratrice domestica è in gravidanza scattano le garanzie a tutela della maternità.
Durante il periodo di astensione obbligatoria previsto dalla legge la lavoratrice ha diritto a
conservare il posto di lavoro, all’astensione dal lavoro e ad una indennità sostitutiva della
retribuzione.
Dall’inizio della gestazione fino al momento della astensione obbligatoria dal lavoro, la
lavoratrice può essere licenziata solo per mancanze gravi che non consentono la prosecuzione
del rapporto, nemmeno in via provvisoria.
La tutela non è imposta dalla legge ma dal contratto collettivo.
Verificare:
durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
durante il periodo che va dalla data presunta a quella effettiva del parto;
durante i tre mesi successivi al parto.
Di recente è stata introdotta la cosiddetta flessibilità dell’astensione obbligatoria che consente
alla lavoratrice di ritardare il periodo di assenza obbligatoria fino a un mese prima della data
presunta del parto, e fino a quattro mesi dopo la nascita del bambino.
L’indennità di maternità
Durante il periodo di assenza obbligatoria la lavoratrice ha diritto all’indennità di maternità
pagata dall’Inps, pari all’80 % del salario convenzionale sul quale sono versati i contributi
orari. Nel calcolo dell’indennità sono considerati solo i periodi di lavoro svolti come
lavoratrice domestica. Le lavoratrici domestiche hanno diritto alla tutela economica della
maternità solo se:
– nei 24 mesi precedenti il periodo di astensione obbligatoria risultano versati a loro carico (o
dovuti) 52 contributi settimanali, anche se relativi a settori diversi da quello del lavoro
domestico;
o, in alternativa
– nei 12 mesi precedenti l’inizio dell’astensione obbligatoria risultano versati a loro carico (o
dovuti) almeno 26 contributi settimanali, anche in settori diversi da quello del lavoro
domestico.
L’assegno di maternità dello Stato
Spetta alle madri residenti, cittadine italiane, comunitarie o extracomunitarie in possesso del
‘permesso CE per soggiornanti di lungo periodo’, per ogni figlio nato, adottato, o in
affidamento preadottivo.
L’assegno spetta se la madre:
– si è dimessa volontariamente dal lavoro durante la gravidanza ed abbia almeno 3 mesi di
contribuzione nel periodo compreso fra i 18 e i 9 mesi precedenti la nascita del bambino (o il
suo inserimento in famiglia, nel caso di adozione o affidamento);
– precedentemente ha avuto diritto ad una prestazione dell’Inps (ad esempio per malattia o
disoccupazione) per aver lavorato almeno tre mesi, purché tra la data della perdita del diritto
a prestazioni previdenziali e la data di nascita o di ingresso del minore in famiglia non siano
trascorsi più di nove mesi.
– La domanda deve essere presentata all’INPS entro 6 mesi dalla nascita o dall’adozione o
dall’affidamento pre-adottivo.
– Se l’INPS non accoglie la domanda, questa viene automaticamente trasmessa al comune
territorialmente competente per fare ricevere al richiedente l’assegno di maternità concesso
dai Comuni.

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